venerdì 9 settembre 2016

Mi chiamo Asia




Mi chiamo Asia e ho imparato a scriverlo col sangue.
Kobane è alle spalle e non la vediamo più nemmeno nelle lunghe ombre della sera, che portavano fin sul fronte la sagoma delle nostre macerie.
Davanti abbiamo una nuova città.
Le luci si alzano lontane e rimbalzano sulle nuvole compatte; son sicura che domani pioverà.
Voi che raccontate i telegiornali, non avete visto la linea dura che disegna il profilo del mio viso, fatta di schegge di paura e passione. Shareef la seguiva con un dito mentre i suoi occhi scrutavano l’orizzonte.
Mi chiamo Asia e il mio nome suona alle tue orecchie come i rami spogli e ingarbugliati delle garighe, mossi dallo scirocco autunnale, ancora giovane, ma che a novembre pettina le strade polverose di Kobane.
Oggi mi sembra di sentire ancora l’odore dei gelsomini, che ho respirato una volta da piccola, al mercato dei fiori di Minbic, quando in braccio a mio padre mi tenevo alla sua barba per non cadere.
Mi chiamo Asia e il mio nome adesso è scritto grande su tutta la mia terra.
Le leggende muoiono solo se si dimenticano.

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