Figlia mia…
Guardo piegarti la faccia una volta al
mese e tenerti la mano al basso ventre, come ci fosse qualcosa da proteggere.
Di già.
Ma sono inerme dal consolarti per qualcosa
di naturale.
Vorrei farmi dolore, per poter provare
soltanto a starti vicino e condividere questi momenti.
Come faccio a dirti che sono benedetti?
Come faccio a raccontare a te, che
sanguinare è bello, se dubito anch’io?
Che la corona con cui molti uomini vi
adornano è fatta di sangue rappreso?
Chi gli ha insegnato a calpestarvi? A
considerarvi cosa?
No, non c’è giustizia.
Dovremmo sanguinare noi, ma dalla bocca, o
dagli occhi, per sperare soltanto di pareggiare millenni di torti e di sbagli e
di prevaricazioni.
Dovremmo strisciare in un inferno in cui
ci è proibito alzare lo sguardo per fissarvi gli occhi.
Dovremmo fare come le api, che si alzano
in volo verticale, in volo nuziale per raggiungere la regina e cadere giù
spossati mentre pensiamo ai nostri sbagli.
Che tanto ci sono.
Sempre.
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