venerdì 29 luglio 2016

Espressione strana



È un’espressione strana che guardo come un pericolo.
Parentesi che si aprono, numeri, segni e lettere che scorrono, che crescono e fuoriescono e si accavallano come da una pianta innestata, come da un’emorragia di logica frattale da una ferita di materia oscura.
Ma so che devo domarla se voglio spiegarla a mia figlia.
Succede qualcosa che non mi era mai capitato a scuola.
Penso che se non la scrivo, quell’espressione non esiste.
Sono io a darle un senso.
Non mi spaventa più adesso.
Prendo la penna nera, e il gel dell’inchiostro la imprigiona sul foglio.
La libererò facendola tornare.
È inerte sulla pagina bianca.
C’è un monomio, un diviso, un altro monomio simile, un segno più...
Devo fermarmi qui. Faccio finta di vederla smembrata e poterne prendere un pezzo alla volta, come si fa da bambini, cercando di catturare la Luna tra pollice e indice; mi vedo prendere i due monomi, girare il secondo, pensare a cosa devo fare loro per trasformarli nello stadio successivo.
Li faccio evolvere.
Sono il loro dio.
Adesso plasmerò gli altri due monomi e li libererò dal recinto delle loro parentesi, diventeranno uno solo e li farò incontrare con quelli precedenti e poi unirò quelli successivi e questi… in un’orgia di segni e potenze e poi alla fine, alla fine.
Guardo alla destra del libro.
Torna.

Nessun commento: