sabato 23 aprile 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot






Io e mia figlia siamo “Cuore e acciaio”.
Non era potuta venire con il resto della famiglia a vedere Lo chiamavano Jeeg Robot , così abbiamo approfittato del suo ritorno nelle sale, in occasione dei Donatello vinti, per andare io e lei. E’ deciso: venerdì al multisala di Firenze allo spettacolo delle 20.15! La conosco, so che le piacerà da matti.

Venerdì non arriva mai.
Poi eccolo.
C’è l’auto a riparare, io che torno tardi dal lavoro, mia moglie al colloquio coi professori, mia figlia da recuperare da un parente.
Ho in dotazione una Panda del ’98 di mio padre. Recupero mia figlia che sono le 19.00. Devo raggiungere mugliera per scambiare l’auto: non voglio rischiare di forzare il pandino e rovinarlo prima che passi d’epoca.
A mia moglie manca un professore per concludere la maratona. Non ce la faremo! Chiedo un sacrificio alla vecchia Fiat e sosto al distributore.
- C’è il self - mi dice la proprietaria.
Ho due pezzi da 10€; uno decide di entrare all’ennesimo tentativo. Chiave alla mano vado ad aprire il serbatoio… non entra. Non entra! I miei hanno cambiato chiave senza aggiungere al nuovo mazzo quella per aprire il tappo.
Chiamo mia madre che chiede a mio padre. Passa troppo tempo, devo riattaccare.
Chiamo mia moglie per sapere a che punto è: appena salita in auto.
- Aiuto! - le dico.
Senza tante spiegazioni entro le 19.25 riesco a prendere la ricevuta per la “non erogazione”, scambiare l’auto e accorgermi, quando ormai sono partito, che c’era più benzina nella Panda che diesel nella mia Opel.
Mi fermo a un altro distributore ma il restante deca non entra. 19.31
Al limite della blasfemia riparto con un guizzo e decido che la serata è troppo importante per rischiare di rovinarla: se restiamo a Firenze, che diavolo ce ne frega!
Dimentico che sulla strada c’è un altro distributore. 19.37.
Stoppo. Scendo. Sul marchingegno del Self c’è un cartello: “Erogare il carburante e poi pagare alla cassa del bar”. Il bar sta chiudendo.
Sorrido: dovranno pur riscuotere!
Rifornisco (19.40) e solo quando ripongo la pistola mi accorgo che è verde. Verde come la benzina.
Io ho sotto un diesel. Mi scorre la vita davanti, quella dell’Opel. Ma la serata è troppo importante!
19.42. Rievoco in memoria un vecchio amico:  - Un po’ di verde nel gasolio, ogni tanto, non fa male, lubrifica le termocandele.
Uso quasi tutto il resto del contante per riempire il serbatoio di gasolio, sperando che si mescoli bene. 19.44.
Pago e il barista non si accorge nemmeno di quanto sono scemo: la cassa gli dà il totale senza tante spiegazioni. 19.46
Guido con le dita incrociate ma arriviamo infine al cinema alle 20.05.
C’è una fila di sub-umani che sembra non abbia mai pagato a una cassa. Facciamo le 20.13
Ci sediamo, guardiamo il film… che comincia alle 20.45 dopo mezz’ora di pubblicità.
Ci siamo divertiti tantissimo. A lei è piaciuto da matti. Si è emozionata che anche il suo cuore faceva bim bum bam. Le ho detto che è un film che farà storia, che ha scoperchiato un genere nuovo. 
Mi ha detto che sono il suo Jeeg (non sa niente della benzina; non glielo dirò mai!).

E insomma, a casa ci siamo tornati, divertire ci siamo divertiti.
Ogni tanto vale davvero la pena fare cose stupide; fermarsi e dire: “Ma che cazzo!”


PS: Il link della pagina Facebook del film è questo: Lo chiamavano Jeeg Robot  ; chi sono io per aggiungere altro?

martedì 12 aprile 2016

Tema #2: Descrivi la tua cameretta.

 
Utopica immagine mentale della camera ideale per mia moglie.

Tema: Descrivi la tua cameretta

La mia cameretta è accogliente, almeno dalla mia parte di letto.
Mia moglie vi direbbe il contrario.
“Accogliente” è soggettivo.
Entrate dall’angolo di sinistra aprendo la porta verso il muro, così da tappare il mio comò.
Il visitatore può osservare il letto matrimoniale dalla testata in ferro sbattuto (non è un errore, è stato il trasloco) verde mare, un “settimino” marrone, classico, appoggiato alla parete che gli sta di fronte.
Erano i due vecchi comò, che non c’è mai abbastanza posto nelle case. Se foste abbastanza alti potrestee vedere persino la cassapanca porta biancheria che giace ai piedi del giaciglio.
Sulla destra si erge maestoso l’armadio, rifinito in verde mare, così da riprendere la testata del “lettone” (termine usato dalla prole per differenziare le notti in trasferta da quelle dormite nella loro stanza); non si può chiudere a chiave perché originariamente era stato male assemblato e dopo il trasloco le serrature, molto delicate, non fanno girare la chiave, ma noi usiamo strisce di stoffa stretch e chiudiamo la faccenda e le ante.
Il visitatore per vedere il cassettone dovrebbe entrare e voltarsi a destra. Sopra al mobile marrone, classico, è appeso lo specchio.
Se il visitatore non si è annoiato, potrebbe osservare che l’armadio è distanziato dal muro circa mezzo metro. Questo perché altrimenti saremmo falcidiati dalla muffa.
Ecco, questa è la mia cameretta.
Come? Ah, il mio comò? Eh, si intravede tra le due pile di fumetti e le scartoffie nei cassetti.
Ma tanto è coperto dalla porta, chissene!