lunedì 5 ottobre 2015

Legàmi





Sono di filo corto.
E non ho mai fatto l'aggiornamento per l'energia solare.
Non potrò più, credo, così mi sono rassegnato.

Fino a qualche tempo fa mi spostavo continuamente per la stanza, finché non sentivo tirare abbastanza il filo, da preoccuparmi che la spina si staccasse dalla presa.
Sarebbe stata la fine.

Conoscevo a memoria ogni imperfezione del pavimento e potevo accorgermi se da una parete cadeva una briciola d'intonaco.

Al mattino entrava un fascio di luce dalla finestra, girava tutta la stanza e alla sera usciva, per tornare il giorno dopo. Era la mia unica compagnia e lo seguivo finché mi era possibile.
Passavo le giornate a osservarlo.
Non era sempre uguale.
Riuscivo a scorgere impercettibili variazioni della sua ampiezza: aumentava quando faceva caldo, mentre quando faceva freddo era più stretto e meno luminoso. Per alcuni periodi passava più in alto sulla parete, in altri si piegava anche sul pavimento.

C'era quell'unica finestra da cui guardare fuori, era distante da me e il filo non era abbastanza lungo da permettere di affacciarmi.
Dell'esterno vedevo solo un muro scrostato, ma nell'angolo alto riuscivo a scorgere uno spicchio di cielo e una struttura di cui ignoravo l'entità.
La sera ammiravo un piccolo lembo di Sole, rotondo e accecante che calava, portando il buio.
Sono sicuro che era lì che tornava il fascio di luce che mi faceva compagnia.

Ogni tanto, la notte, cercavo di scorgere la Luna.
Ne avevo sentito parlare.
Si rotolava intorno al pianeta e con un po' di fortuna, avrei potuto rubare un'occhiata alla sua lucente bellezza.

Una volta, di notte, forse la vidi...

Dalla struttura lontana si specchiava un timido riflesso di luce, bianco e rotondo.
Chissà se era lei.
Ma forse mi sono confuso e si trattava solo di un riflesso.

Mi sono distratto e la spina si è allentata un poco. Non posso più muovermi e così ho cominciato a viaggiare col pensiero.

Riesco a inventare un sacco di mondi più belli di questo.
Ancora funzionanti.

In uno di questi c'era un bambino, per esempio, che si spostava con le sue gambe.
Era fortunato: girava per casa, usciva fuori.
Non era mai solo, insieme c'era la madre. Quando lei doveva allontanarsi, il cucciolo emetteva un suono stridulo e fastidioso e piccole gocce trasparenti uscivano dagli occhi celesti.

Di quello stesso mondo sognai due di loro che stavano sempre vicini, talvolta erano spogliati; emettevano suoni e sbuffi. Poi uno di loro percosse l'altro e la loro distanza aumentò, così tanto da perdersi del tutto.

Altre volte immaginavo una stella, intorno alla quale giravano pianeti che non avevano alcun filo che li collegava, eppure erano sempre lì vicini, che ruotavano per un tempo che sembrava eterno. Un giorno giunse da molto lontano un corpo estraneo, andò a sbattere su uno di quei pianeti che finì in mille pezzi, rompendo il girotondo e finendo anche su altri di quei mondi vicini.

Tutto ciò che immaginavo aveva una cosa in comune: poteva muoversi senza filo.
Ma nessuna di quelle era in grado di vivere totalmente slegata dagli altri.
E quando il legame si spezzava, accadeva sempre qualcosa, un cambiamento.

I fili invisibili sono i peggiori: rischi di non accorgerti quando sono al limite e puoi non sentirli quando si spezzano.


Adesso che sono immobile e guardo quello stesso filo che mi tiene legato per l'eternità che mi è concessa, non riesco lo stesso a restarne imprigionato, almeno finché potrò immaginare qualcos'altro.