domenica 5 luglio 2015

C'era una volta il regno di Cameltoe



C'era una volta un reame bellissimo, che splendeva ogni giorno antecedente un'elezione.
I regnanti di questo regno, per regnare al meglio, escogitavano sempre nuove e fantasiose soluzioni.
Talvolta ridevano di quanto erano fantasiose, proprio.

Questo luogo portava il nome di Cameltoe e si trovava così a nord che non riuscivano mai a includerlo nella stampa delle mappe.
L'unico modo per trovarlo, era cercare nel registro dei protesti, qualunque cosa volesse dire.

Era un posto magico per davvero: per risolvere i problemi se ne creavano altri, di più grandi, così nessuno pensava più a quelli vecchi e ci si dedicava alla soluzione di quelli più recenti.

Sparsi per tutto il regno c'erano così tanti palazzi del potere che i giovani scolari, per impararli tutti, passavano un'intera giornata della settimana al catasto urbano.
Per conoscere i nomi dei regnantii, che si alternavano come il giorno con la notte, gli alunni più disciplinati studiavano il casellario giudiziario.

Nel palazzo principale, dove spesso venivano ospitate le principesse in visita a Cameltoe, c'era un'enorme stanza, così grande da fare schifo.
L'impatto ambientale però, era minimo.

Dentro questa stanza, dove si ritrovavano tutti i grandi... i grandi... E insomma, avevano predisposto un tavolo a forma di D28, un enorme dado sulle cui 28 facce sedevano a gambe incrociate i politici dei 28 paesi più... insomma quelli che... ecco, quelli, tanto l'avete detto voi.
Chi non riusciva a incrociare le gambe doveva almeno incrociare le dita.
Non era proprio come la tavola rotonda, ma nessuno riusciva mai a capire dove cazzo sedersi per essere più importante di un altro.
Lo stato a cui toccava la faccia che poggiava a terra era il prossimo a finire in default; ma nessuno drammatizzava perché la volta successiva si ricominciava tutto daccapo e poi c'era sempre un fottuto master che riforniva i governanti di punti PIL.
Nessuno capiva cosa dicevano tutti gli altri, poiché provenivano da molti paesi diversi... e poi sembrava così scortese, eventualmente, provare disappunto! Così alla fine, l'unica cosa che li aveva messi tutti d'accordo, era stato il catering.

Quando al mattino i paesani si svegliavano, sapevano di essere a Cameltoe, però facevano finta di nulla e, come era tradizione, cercavano eroi per elevarli a simbolo, per poi, giunta la sera, gettarli nella polvere.

C'era così tanta gente nella polvere che quando si indicevano le elezioni, dopo averli ritrovati tutti, venivano lucidati anche questi e riutilizzati per varie mansioni.
Talvolta venivano pagati senza motivo, talaltra veniva inventato loro un passato terribile e finivano per essere odiati da tutti.

Nel magico regno di Cameltoe si accoglievano tante persone.
Quando queste arrivavano, gli abitanti, contemporaneamente, protestavano perchè erano troppe e inveivano perchè era ingiusto non essere ospitali e poi erano cattive e poi erano bisognose e poi 35 monete e poi non si poteva esimersi da aiutare il prossimo e poi e poi e poi... speravano che il giorno dopo uno dei regnanti se ne uscisse con un bel problemone nuovo di zecca.

L'attività più redditizia era quella delle industrie che producevano i cartelli con su scritto "VENDESI" e "AFFITTASI". Il governo aveva stabilito che si poteva produrre uno solo dei due cartelli per ogni azienda. Ovviamente erano municipalizzate.

Nessuno sa dove si trovi con esattezza il regno di Cameltoe, certo è che deve essere uno spasso viverci!

mercoledì 1 luglio 2015

Neppure con un fiore





Chiudo gli occhi e vedo un mondo
blu, bianco e terra di Siena.
Di fuori un angolo buio
tempestato di grigio e grida d'aiuto.
Mi chiedo di che colore hai l'anima.

Ti vedo distrarti col verde e passare sul rosso
superare il rimorso, continuare a muovere il rosa.
Turgido.
In scacco.
Mimosa.
Mi hai regalato il giallo da un'aiuola
Ieri.
Oggi mi doni una guancia viola.

E ti scopro marrone.