sabato 4 maggio 2013

I gatti lo sanno




Amìra divideva la sua vita insieme a un gatto nero.
Precedenti delusioni lo avevano fatto diventare il solo amico, l'unico contatto con il mondo oltre all'impiego.
Quando tornava dal lavoro, era suo diletto condividere quanto più tempo possibile con il felino, che ricambiava nel sublime modo che solo i gatti conoscono.
Talvolta si scambiavano carezze dandosi lievi testate. Lui rimaneva a occhi chiusi annegando tra le fusa e lei non riusciva a convincersi di smettere.

Una sola cosa metteva Amìra a disagio.

A tavola avevano i loro posti. Lei sedeva sulla sedia guardando il muro dove era appesa la TV, lui, su quella dalla parte opposta, sotto l'apparecchio. Talvolta passavano ore in quella condizione, lei guardava un programma, leggeva un libro, usava il computer.
Lui fissava un punto, alla destra della sua padrona, con gli occhi socchiusi e ogni tanto emetteva un impercettibile miagolio di stupore.


Aveva sentito narrare storie sui gatti.
Che sono sensitivi, che possono osservare cose a un livello invisibile per l'occhio umano.

Capitavano delle sere in cui Amìra si sentiva sola e domandava con una vocina stolta al suo micio, se per caso vedesse l'anima della sua povera nonna morta venti anni prima.
Il gatto proseguiva nel suo concerto ruffiano, senza curarsi di aver ricevuto una domanda.

Altre volte chiedeva se quella che vedeva al suo fianco era sua madre, morta cinque anni prima.
Quanto si sentiva sciocca. Allora lo abbracciava e si mettevano chiotti sul letto.

Un giorno Amìra capì che qualcosa non andava.
Rientrando in casa il Gatto non l'aveva ricevuta come di consueto. Era sdraiato sulla sedia, immobile sul suo cuscino. Nessuna fusa, nessun miagolìo. Solo un'occhiata di patetica agonia.

Lo depose nel gabbiotto e corse dal veterinario.

Una malattia improvvisa lo aveva invaso, rovinando i suoi organi.
Sarebbe morto in meno di una settimana. Troppo meno.

Tre giorni dopo, le medicine palliative non avevano più effetto. Il gatto si lamentava con lunghi e angosciosi miagolii.
Il medico confessò che non c'era più niente da fare, nemmeno per alleviargli le pene. Non restava che l'oblio dell'eutanasia.
Amìra ebbe una sola richiesta: voleva che si spegnesse lì, nel suo covo.

Comperò un pupazzo identico all'amico scomparso e se lo mise davanti, sulla sedia che gli era appartenuta, nella sua abituale posa sorniona.

In poco tempo si accorse che se non usciva di casa sarebbe impazzita.
Il totale silenzio del suo appartamento componeva un'angoscia infinita nel suo stomaco.
Si preparò e iniziò a frequantare posti.

Due settimane dopo cominciò a scambiare il suo tempo con un ragazzo, a regalargli i suoi pensieri. Un mese e i due convivevano.

La sera si scambiavano coccole.
Dopo ogni pasto il suo compagno le dava un bacio prima di alzarsi.
Quella sera si era perduta fissando il pupazzo del gatto.
Ebbe un sussulto quando il familiare schiocco la fece voltare verso l'uomo.

Seduto alla sua destra.

Sorrise combattuta tra emozione e incredulità... alla sua destra.
Forse i gatti possiedono davvero il dono di vedere qualcosa.
Forse non le persone passate... ma riescono a vedere quelle che ci accompagneranno, le persone future.

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Marco Frosali
N.B.: Vietata ogni riproduzione anche parziale senza la citazione del nome dell’autore.

4 commenti:

gianpet ha detto...

Marco, non ho capito il finale...
ciao da Gianni

Marco Frosali ha detto...

Ciao Gianni, onorato della tua presenza.
Sul finale ti riporto quello che ho scritto in tua risposta nel forum di Zagor

"Dalle mie parti (ma son sicuro che la cosa sia universale; guarda cosa facevano gli egiziani per i gatti) si sente dire che gli animali (i gatti in particolare) vedano il ricordo delle persone passate (l'anima, il fantasma, l'aura: fate voi).
Mi è venuto in mente che invece, potrebbero vedere le persone future, quelle che non sono ancora al nostro fianco.
Un figlio, un amico o, come In questo caso, il fidanzato.

Il fatto che Gianpet non l'abbia capito mi rivela che ho toppato in qualcosa. "

SCLS Magazine GOLD ha detto...

Leggendo ho pensato al gatto che Andrea C. ha perso da qualche giorno. C'è effattivamente un legame?

Marco Frosali ha detto...

L'ho scritto prima.
Ho partecipato emotivamente alla scomparsa della sua gattina perché ne ho uno anche io che mi stupisce ogni giorno di quanto amore e vita ci si possa scambiare con un animale.