domenica 26 maggio 2013

"Sberle" di saggezza - Api, addio.






Siamo gli unici esseri dell'universo.
Intendo: a far ridere così tanto.
E' incredibile come siamo bravi nell'arte dell'autodistruzione. Negli ultimi 70 anni abbiamo battuto ogni record in questo senso.

Oggi ho sentito parlare di un problema che conoscevo, in parte, da oltre dieci anni, perché mio padre è stato (anche) apicoltore.
Le api vengono distratte dalle onde magnetiche; le mandano in confusione.
Gli procurano le stesse difficoltà che potremmo avere noi, nel seguire la striscia di mezzeria dopo qualche Mojito.
Rimangono stordite e perdono la strada, finendo lontane dal loro alveare per sempre.

Un altro problema riguarda gli antiparassitari.
Le api (ma potremmo allargare il discorso a ogni altro insetto, lepidottero, ecc, ecc...) vengono uccise dall'uso indiscriminato di antiparassitari nicotinoidi che saranno anche studiati per non nuocere agli umani, ma per quegli esseri viventi, delicatissimi, sono letali.
Stiamo parlando di animali che sono determinanti all'impollinazione.
Una stima (gli crederò a meno di smentite) rivela che la razza umana potrebbe vivere per soli 5 anni dopo l'estinzione delle sole api, essenziali per l'ecosistema.

5 anni.

Dove ce lo mettiamo tutto il nostro progresso?

Le industrie che massimizzano i raccolti utilizzando questi metodi, dopo 5 anni cosa faranno, causa alle api?
Non riusciamo ad affrancarci dall'uso dei recenti ritrovati, pur sapendo che saranno la causa della nostra rovina.


Poveri figli nostri.


sabato 18 maggio 2013

Portfolio: Il segno di Zagor

Copertina del progetto


Ormai è mia consuetudine essere stupito dagli ideatori dei progetti che bollono sotto il marchio "SCLS".

Questa volta è uscito, sempre sotto "il segno di Zagor", un progetto diviso in due uscite.

Un portfolio composto da copie anastatiche di alta qualità delle tavole di tutti i disegnatori, che in 50 anni hanno contribuito alla serie dedicata all Spirito con la Scure.

A corollario delle tavole c'è un volume speciale di approfondimento, del Magazine "SCLS".

Le tavole originali mi hanno sempre affascinato. C'è appiccicato tutti il lavoro del disegnatore. C'è la realtà che la stampa nasconde.

Altre informazioni sono fornite, richiedendole alla mail del magazine, oppure nel forum "spiritoconlascure".

sabato 4 maggio 2013

I gatti lo sanno




Amìra divideva la sua vita insieme a un gatto nero.
Precedenti delusioni lo avevano fatto diventare il solo amico, l'unico contatto con il mondo oltre all'impiego.
Quando tornava dal lavoro, era suo diletto condividere quanto più tempo possibile con il felino, che ricambiava nel sublime modo che solo i gatti conoscono.
Talvolta si scambiavano carezze dandosi lievi testate. Lui rimaneva a occhi chiusi annegando tra le fusa e lei non riusciva a convincersi di smettere.

Una sola cosa metteva Amìra a disagio.

A tavola avevano i loro posti. Lei sedeva sulla sedia guardando il muro dove era appesa la TV, lui, su quella dalla parte opposta, sotto l'apparecchio. Talvolta passavano ore in quella condizione, lei guardava un programma, leggeva un libro, usava il computer.
Lui fissava un punto, alla destra della sua padrona, con gli occhi socchiusi e ogni tanto emetteva un impercettibile miagolio di stupore.


Aveva sentito narrare storie sui gatti.
Che sono sensitivi, che possono osservare cose a un livello invisibile per l'occhio umano.

Capitavano delle sere in cui Amìra si sentiva sola e domandava con una vocina stolta al suo micio, se per caso vedesse l'anima della sua povera nonna morta venti anni prima.
Il gatto proseguiva nel suo concerto ruffiano, senza curarsi di aver ricevuto una domanda.

Altre volte chiedeva se quella che vedeva al suo fianco era sua madre, morta cinque anni prima.
Quanto si sentiva sciocca. Allora lo abbracciava e si mettevano chiotti sul letto.

Un giorno Amìra capì che qualcosa non andava.
Rientrando in casa il Gatto non l'aveva ricevuta come di consueto. Era sdraiato sulla sedia, immobile sul suo cuscino. Nessuna fusa, nessun miagolìo. Solo un'occhiata di patetica agonia.

Lo depose nel gabbiotto e corse dal veterinario.

Una malattia improvvisa lo aveva invaso, rovinando i suoi organi.
Sarebbe morto in meno di una settimana. Troppo meno.

Tre giorni dopo, le medicine palliative non avevano più effetto. Il gatto si lamentava con lunghi e angosciosi miagolii.
Il medico confessò che non c'era più niente da fare, nemmeno per alleviargli le pene. Non restava che l'oblio dell'eutanasia.
Amìra ebbe una sola richiesta: voleva che si spegnesse lì, nel suo covo.

Comperò un pupazzo identico all'amico scomparso e se lo mise davanti, sulla sedia che gli era appartenuta, nella sua abituale posa sorniona.

In poco tempo si accorse che se non usciva di casa sarebbe impazzita.
Il totale silenzio del suo appartamento componeva un'angoscia infinita nel suo stomaco.
Si preparò e iniziò a frequantare posti.

Due settimane dopo cominciò a scambiare il suo tempo con un ragazzo, a regalargli i suoi pensieri. Un mese e i due convivevano.

La sera si scambiavano coccole.
Dopo ogni pasto il suo compagno le dava un bacio prima di alzarsi.
Quella sera si era perduta fissando il pupazzo del gatto.
Ebbe un sussulto quando il familiare schiocco la fece voltare verso l'uomo.

Seduto alla sua destra.

Sorrise combattuta tra emozione e incredulità... alla sua destra.
Forse i gatti possiedono davvero il dono di vedere qualcosa.
Forse non le persone passate... ma riescono a vedere quelle che ci accompagneranno, le persone future.

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Marco Frosali
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